Il Bitcoin non è la porta della criminalità organizzata o degli evasori, l’allarme e il terrorismo mediatico si scontrano con l’ignoranza verso una nuova forma di pagamento.
Analizziamo il passato
Un parere fu emesso dalla European Banking Authority, un’autorità indipendente dell’Unione europea che si occupa di assicurare un livello di regolamentazione e di vigilanza prudenziale sul settore bancario europeo. Essa aveva evidenziato una serie di pericoli e problemi legati alle criptovalute come Bitcoin.
Ma quali rischi erano stati messi in evidenza? I problemi risultati sono connessi all’utilizzo da parte degli utenti, in particolare il furto di identità, perdita di password, bancarotta dei siti di cambio e così via, quindi il tutto non sembra aver menzionato che la moneta virtuale rischia di finanziare il riciclaggio, l’evasione, mafia e terrorismo o che le transazioni non siano tracciabili.
La realtà tra miti e incompetenza
La Bitcoin Foundation Italia precisa una questione centrale, quella della presunta non tracciabilità della moneta virtuale. “Ogni singola transazione di Bitcoin viene registrata sulla banca dati Blockchain, in maniera condivisa, pubblica e liberamente scaricabile su tutta la rete dei nodi. Ogni transazione (lecita o illecita che sia) rimane visionabile a costo zero e “per sempre” su questa banca dati; pertanto ogni operazione se analizzata con gli adeguati strumenti può essere facilmente tracciata e dimostrata nelle sedi competenti. A riguardo si cita la ricerca della Cornell University, scaricabile a questo indirizzo. Questa ricerca dimostra, in poche parole, che utilizzare il Bitcoin per scopi illeciti è perfino più rischioso di usare denaro elettronico o trasferimenti bancari”.
Questo è l’unico studio citato al riguardo? Sembrerebbe proprio di no
Una ricerca (leggibile qui) lo conferma, essa è stata condotta da università americane e sostiene che l’anonimato reale garantito dalla criptomoneta sarebbe di molto inferiore a quello teorico; inoltre afferma che per grosse transazioni illecite i Bitcoin non sarebbero affatto uno strumento così comodo.
Un programma per la tracciabilità
Ricercatori del Politecnico di Milano (Michele Spagnuolo, Federico Maggi e Stefano Zanero) hanno sviluppato addirittura un software, BitIodine, che aiuta a tracciare le transazioni in Bitcoin (qui il dato).
Cosi’ lo spiegano : “Bitcoin non è anonimo, ma pseudoanonimo”
Ciò non vuol dire che se non si ha un nome e cognome dell’utente non si può saperne l’identità o tracciarne i dati, in quanto sono a disposizione delle chiavi che sono trasmesse in flussi pubblici. Quindi attraverso un’attività investigativa si può associare una chiave a una persona e in quel caso si avrà a disposizione molti più dati di quelli che si avrebbero avuti se le transazioni fossero state in contanti o fossero avvenute anche attraverso i canali bancari.
L’espressione di Ferdinando Ametrano, professore di Interest Rate Derivatives all’Università Milano-Bicocca e senior quantitative analyst alla Banca IMI
A quanto emerge dalle dichiarazioni poste verso i media Italiani si ritene improbabile che Bitcoin sia il nuovo paradiso di cartelli e grossi traffici illeciti. “La Banca d’Italia nel suo documento ha espresso alcune legittime preoccupazioni su una serie di soggetti, ad esempio anche su intermediari come SIM e SGR, non solo sulle criptovalute, solo che in quest’ultimo caso le sue frasi sono lette subito in chiave polarizzante. Diciamo che il cartello colombiano della droga usa i dollari e non i Bitcoin, perché questi non hanno la liquidità sul mercato per consentirne un uso agevole alla grande criminalità. Poi certamente ci sarà la piccola e media criminalità che li utilizza come fa con il cash”.
Tra numeri e criminalità prendendo come spunto l’Italia
Un’altra delle questioni trascurate dallo scenario allarmista è emersa in rete : oltre al funzionamento stesso della criptomoneta sono i volumi di traffico, totalmente incomparabili e inferiori a quelli mossi anche dalla sola economia criminale su euro, dollaro e le altre monete a corso legale. Le stime che circolano sui ricavi complessivi solo della criminalità mafiosaItaliana oscillano tra i 27 e i 138 miliardi di euro, una forbice molto larga che ad ogni modo si colloca ben lontano dai volumi di transazioni Bitcoin.