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Editoriale redatto da giornalisti iscritti al Registro FIG e accreditati presso il Consiglio di Stato del Canton Ticino.

Per una moratoria sulle tariffe elettriche, difendere il potere d’acquisto delle famiglie. Necessario un intervento urgente del Governo

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Interpellanza 2412

Motivazione riguardo l’interesse pubblico e l’urgenza [cfr. art. 97 cpv. 1 ultima frase LGC].

Gli aumenti delle tariffe elettriche, annunciati in questi giorni, vanno a pesare ulteriormente sul potere d’acquisto delle famiglie. È urgente un intervento per verificare la possibilità di bloccare tali aumenti attraverso una moratoria sulle tariffe elettriche.

Testo dell’interpellanza

Anche per il 2024 si annunciano importanti, a volte massicci, aumenti delle tariffe elettriche. Sarà la seconda “stangata” dopo quella, generalizza, inflitta con le tariffe del 2023 e dopo gli aumenti già fatti registrare nel 2022.

La stampa ha ampiamente dato conto di questi aumenti.

Ricordiamo quelli relativi alle maggiori aziende di distribuzione del Cantone (e che vanno a toccare la stragrande maggioranza della popolazione) che fanno segnare, mediamente, i seguenti aumenti:
AMB Bellinzona : + 25%
AIM Mendrisio : + 17%
AGE Chiasso: + 28%
SES Sopracenerina: +20%
AIL Lugano: +12%

Concretamente questo significherebbe alcune centinaia di franchi di aumento all’anno per le famiglie che vivono in questo Cantone. Aumenti che vengono ad aggiungersi a quelli subiti già in passato e preannunciati per il futuro anche in altri ambiti, a cominciare da quello dei premi di cassa malati.

Naturalmente conosciamo la narrazione ufficiale a giustificazione di questi aumenti: l’evoluzione dei prezzi sui mercati elettrici (dovuti alla guerra in Ucraina: peccato che i prezzi hanno cominciata ad impennarsi già un anno prima di tale guerra), la siccità e una supposta minor produzione di energia, l’aumento di alcune tasse legate al settore elettrico, etc.

Si tratta di giustificazioni solo marginalmente valide. In realtà forza è constatare che i meccanismi di domanda e offerta non riescono a funzionare e a garantire un prezzo “equo”, come vorrebbe la dottrina del capitalismo liberale.

E non si tratta certamente di qualcosa che riguarda solo il settore elettrico. Altri ambiti, pure importante per il consumatori e le consumatrici, hanno testimoniato in questi anni come i meccanismi di mercato non abbiano minimamente funzionato. Basterebbe citare il settore dell’assicurazione malattia, dove, di fronte all’introduzione di meccanismi di concorrenza e “libera scelta” da parte degli assicurati, i premi continuano, da anni, a lievitare; o, ancora, ai prezzi dei carburanti: malgrado le costanti diminuzione dei prezzi del greggio, i prezzi alla pompa hanno continuato a crescere attestandosi ai livelli superiori
(anche di fronte a massicce diminuzioni del prezzo del greggio).

Questa situazione relativa ai prezzi dell’elettricità non può essere tollerata ulteriormente. Anche perché la responsabilità di questi aumenti è da imputare totalmente agli esecutivi comunali che, in forma diretta o indiretta, controllano le aziende distributrici, potendone influenzare le tariffe.

Le aziende distributrici godono di buona salute. Alcune di esse, pensiamo a titolo esemplificativo alle AIL di Lugano, possono contare su riserve che vanno di gran lunga al di là delle esigenze di accantonamento in relazione a future attività di manutenzione, investimento e sviluppo delle aziende stesse. Per questo gli aumenti intimati negli anni scorsi e quelli previsti per il 2024 non possono che essere imputati a logiche ed esigenze finanziarie aziendali.

Sappiamo che in alcuni Comuni si vorrebbe rispondere alle difficoltà delle economie domestiche, dovute anche in parte agli aumenti delle tariffe elettriche, erogando sussidi sociali.

Ci pare un’operazione non solo amministrativamente macchinosa (togliere con una mano e dare con l’altra), ma spesso tale da diventare una missione impossibile (pensiamo alle peripezie di tali discussioni vissute dalla città di Lugano).

Riteniamo invece che queste aziende, proprio in linea con la loro funzione pubblica e mostrando sensibilità al difficile momento economico che vivono le famiglie, per le ragioni che abbiamo qui sopra evocato, dovrebbero rinunciare ai nuovi aumenti previsti per il 2024, istituendo una moratoria.

Muoversi in questa direzione è possibile. Ci riferiamo, ad esempio, alla decisione del Comune di Stabio la cui azienda ha deciso di sciogliere una parte degli accantonamenti proprio per evitare l’aumento delle tariffe.

Sappiamo che la competenza per simili decisioni è a livello comunale. Ma sappiamo anche che la politica energetica (e quindi anche le sue ricadute a livello delle tariffe elettriche) è un tema sul quale il Cantone – proprietario della maggiore azienda elettrica del Cantone – e il Parlamento non possono
esimersi dal pronunciarsi. Anche perché molti membri del Parlamento sono attivi a livello politico comunale e quindi, in qualche misura, corresponsabili di quanto sta succedendo. Anche perché è ormai prassi corrente esprimere preoccupazione per l’impoverimento delle famiglie ed evocare la necessità di misure che difendano e rafforzino il potere d’acquisto delle famiglie. Salvo poi, come in questo caso, a essere conniventi – come membri degli organi politici locali – con politiche che tolgono
potere d’acquisto.

Alla luce delle precedenti considerazioni, chiediamo al Consiglio di Stato:

  1. non ritiene necessario promuovere un incontro tra AET e aziende distributrici per verificare la possibilità di interventi che permettano di evitare aumenti dei prezzi dell’energia elettrica?
  2. Non ritiene necessario intervenire presso le autorità comunali e le aziende distributrici per invitarle ad una moderazione delle tariffe, in particolare a introdurre una moratoria delle tariffe elettriche per i prossimi tre anni?
  3. Non ritiene necessario procedere, attraverso i servizi dell’ACC, ad un’analisi delle situazioni contabili delle aziende distributrici per verificare che gli accantonamenti e le riserve delle aziende distributrici corrispondano effettivamente alle necessità presenti e future delle aziende e non siano invece solo un modo per aggirare eventuali imposizioni fiscali?

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